Il futuro che impara

IMG_0717 Questa mattina ho avuto il piacere di partecipare all'evento organizzato da #coderdojo Verona.

Assieme a Marco e a un gruppo di giovanissimi età 7 - 14 anni, abbiamo programmato con Scratch, programma gratuito del MIT http://scratch.mit.edu/ .

Durante questo evento ho potuto vedere bambini che chiedevano di programmare in inglese.

Bambini in fianco a me che parlavano in inglese e programmavano e tutto questo succedeva in un istituto tecnico a Verona e ho pensato c'è ancora qualche speranza!

Questi eventi sono importanti perchè i bambini imparano a creare dei giochi utilizzando la fantasia e la creatività.

La città intelligente è fatta da persone intelligenti e non da lampioni intelligenti, amministratori siete avvisati!!!

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Appunti dell’incontro con @michelevianello (Esperto Smart City), Franco Bolelli (Scrittore e filosofo) e @massimo_russo (direttore di Wired)

Tema: Smart Cities e giornali locali

Varese, 16 novembre 2013



@michele vianello

Le persone diventano protagoniste della smart city, con l’uso della #consapevolezza.

Alcuni parametri degli ambienti urbani cambiano tramite la rivoluzione della conoscenza: servono nuovi metodi e modalità di comunicazione.

Le persone che usano la città, quando interagiscono con essa (frequentando ristoranti, musei, ecc) regalano qualche cosa dalla loro esperienza e altri city-user (residenti e turisti) ricevono qualche cosa che è conoscenza, creando interazione tra le persone.

Fare le classifiche delle smart city pesando a chili la tecnologia è sbagliato, ciò che importa  è come la tecnologia viene usata.

Quello che cambia ora nei centri urbani è la possibilità di connettersi in mobilità.

La conoscenza serve per lavorare, per questo è importante il cloud computing (

) per riappropriarsi individualmente del proprio tempo. Non si parla più di posto di lavoro, ma di attività. Questo significa lavorare in modo decontestualizzato che non è da confondere con il telelavoro.

Siamo abituati ad esempi di città che si narrano a sè stesse (siamo fighe, siamo belle), ma oggi non è cosi perché la città è narrata tramite social network, non solo quando facciamo i turisti, ma anche quando andiamo a mangiare o  semplicemente andiamo a lavorare.

La città è narrata, siamo noi che narriamo (storytelling consapevole), siamo storyteller turisti, studenti fuori sede, professionisti, ecc.

Gli oggetti parlano: un progetto potrebbe essere la scuola degli oggetti parlanti, dove l’oggetto indirizzato parla, tramite dei sensori che narrano la scuola ai bambini. Sono degli “affarini” infilati nelle finestre, nei muri, negli impianti e insegnano ai bambini comportamenti virtuosi da tenere.

Per lo studio della mobilità dei mezzi pubblici, ad esempio, potremmo sapere quanto inquinamento produce un veicolo nel percorso, quante persone porta, quanto tempo impiega, visualizzando in modo chiaro il dato.

L’importanza degli open data: il dato va visualizzato, deve essere organizzato prima di tutto per il cittadino perché possa comprenderlo e utilizzarlo per vivere meglio.

Applicato agli edifici, un esempio potrebbe essere che nei casi di pioggia acida, l’edificio “piangesse” (attraverso una visualizzazione digitale). Se ci fossero dei pollini nell’aria o il sole, potrebbe ridere, piangere, insomma abbiamo bisogno di capire e utilizzare le informazioni che ci danno i sensori. Se vuoi democratizzare l’uso del dato lo devi visualizzare!

Nelle città dovrebbero esserci dei civic media per la comprensione dei dati open.

La città che vince è la città narrata dalle persone che si impossessano del proprio tempo e del proprio destino.

Franco Bolelli: “ottimismo con ragione”

Le nuove tecnologie aprono la strada ad un mutamento antropologico, ci danno la possibilità di un’espansione vitale e sentimentale.

La mente logica, lineare, non ha più senso di esistere.

Stiamo andando in una direzione in cui la nostra mente non è più lineare, ma abbraccia e unisce più cose diverse contemporaneamente, siamo in un momento di espansione antropologica. Allo stesso tempo il corpo è diventato molto più protagonista di prima.

Riprendendo Lorenzo Cherubini “Io penso positivo - e penso vitale!”

Oggi siamo di fonte ad un grande cambiamento antropologico. Nel corso dell’esistenza siamo sempre stati capaci di usare le tecnologie per espanderci, ma a differenza del passato siamo il primo gruppo di essere umani che riesce a proiettarsi oltre le coordinate di tempo e di spazio del qui e ora.

Qualunque evoluzione vuol dire perdere qualcosa per conquistare qualcos’altro

Il nostro compito è quello di guardare la realtà con una visione più larga, cercare le opportunità, non i lati negativi del cambiamento in corso, senza naturalmente tralasciare i problemi che si generano.

La città è straordinaria perché diventa un organismo vivente che si nutre di organismi viventi.

E’ cambiato il senso del tempo, oggi gli uomini possono nutrirsi della conoscenza umana intera in tempo reale e crearsi così una propria idea di organismo vivente.

Si sta modificando il senso dell’identità perché siamo connessi in ogni momento, cambiano  le forme di conoscenza, la formazione dell’identità è un problema da un punto di vista evolutivo (i fondamentalismi, gli integralismi la negano, propongono un’identità standard di massa)

La città non diventa solo un contenitore di spinte sociali (non chiude gli esseri umani dentro a delle categorie, come proponeva la sociologia classica), ma è fatta di esseri umani che si sentono sempre più organismi viventi in relazione ad altri esseri umani: è un mutamento straordinario, veloce, epocale.

In italia spesso l’innovazione è vista come una bizzarria da avanguardia artistica oppure come innovazione tecnologica, ma questa idea è sbagliata! L’innovazione è la naturale manifestazione di un organismo sano (persone, società, aziende, gruppi), chi smette di innovare muore!!!

Da qui si capisce perché la politica è in irreversibile crisi: l’elemento centrale è che i meccanismi di rappresentanza sono inadeguati alla nuova società in cui gli organismi (elettori) hanno ciascuno la propria consapevolezza.

Il modello della croce sulla scheda che metti dentro a un’urna non funziona più perché non considera la personalità e la diversità; l’aveva capito Steve Jobs qando diceva “Non vendete prodotti, arricchite vite”

Più che una visione, serve avere una sensibilità evolutiva. Ricordate tutte le porcherie che abbiamo fatto durante la nostra esistenza (pulizie etniche, stragi, guerre trentennali, …): costitutivamente noi esseri umani diventiamo più forti dei problemi quando ne prendiamo consapevolezza.

@michele vianello

La smart city non si misura a chili, ma sugli impatti che ha sui cittadini (no quantità ma qualità)

Best practice di metodi smart:

- Hack the city (https://dublin.sciencegallery.com/hackthecity/) parte in Irlanda e si diffonde un po’ dappertutto: concepito in modo migliorativo,

- governo inglese: open data di Londra (@OpenDataLondon  http://data.london.gov.uk/),

- open data di New York (https://nycopendata.socrata.com/), comprende anche le ispezioni che fa la polizia nei ristoranti,

- l’uso di twitter in medicina, perché resta su twitter diventa un fatto comune, ogni persona narra quell’altra,

- Prof. Dianora Bardi (https://twitter.com/DianoraBardi , docente di lettere, formatrice a livello nazionale, prima in Italia ad adottare gli iPad in classe. Promotrice e studiosa della scuola digitale del futuro, Bergamo) ha cambiato il modello didattico della sua classe: non esiste più scrivania, banchi, solo piattaforme wiki il sapere non è più l’atto di trasmettere passivamente il sapere agli studenti, ma costruire collaborativamente il sapere con gli studenti.

C’è l’urgenza di fare un portale delle best practice da prendere, condividere e rielaborare. La politica cosa dovrebbe fare se non occuparsi dell’innovazione? L’assessment (http://it.wikipedia.org/wiki/Assessment) è la presa di coscienza di essere smart. Il destino della città è in mano non al segretario del comune, ma ai cittadini e al sindaco: bisogna ripartire dalle realtà locali, aumentare l’inclusione e il diritto all’accesso.

Bisogna riprendere a sognare!

Franco Bolelli

L’evoluzione non chiede mai il permesso, travolge chi è immobile.

Immobile come l’Expo di Milano 2015, pensata come una fiera degli anni ‘50: cemento, trasporti, commercio, …

Chi sta distante al mutamento crea danni, oggi non è più il mondo dei viaggi, degli spostamenti il mondo è cambiato. Non può essere più la stessa città degli anni ‘50, la città non è più nemmeno quella di 15 anni fa. Come si fa una città dal punto di vista comunicativo? La rete deve mobilitare studenti, progettisti di tutto il mondo, la comunicazione non è quello che facevano prima, aggiungendo al sito Internet una pagina facebook. L’Expo aveva una bella opportunità: creare una rete di relazioni dal 2010 al 2015, un processo in cui l’Expo vera e propria era solo un punto del percorso.

Zamperini diceva: “La mente è come un paracadute, per usarla devi aprirla”.


@nicolapreti

veronasmartcity

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Le città intelligenti hanno bisogno di un nuovo codice civico per avere successo

Estratto dall’articolo “Smart city need a new civic code to succeed” di Anthony Townsend da Wired UK 2013.

Negli ultimi anni i venditori delle multinazionali tecnologiche piu’ famose al mondo quali IBM, CISCO e SIMENS, avevano la missione di convincere i sindaci delle città del bisogno urgente di dotare di  tecnologie digitali le nostre città (lampioni wifi per esempio), per sopperire ai cambiamenti del 21 secolo.

Il lancio di queste soluzioni hanno incontrato parecchie difficoltà causate da budget ridotti di spesa e burocrazia ancora impreparata ad accogliere il cambiamento.

La pianificazione delle città per molti anni in passato è stata fatto da titaniche figure di progettisti che hanno lasciato i cittadini ai margini della risoluzione delle problematiche urbane.

Ma negli anni ’60, una nuova visione ha richiamato l’attenzione verso la questione dei quartieri da parte degli attivisti. Senza saperlo avevano lo stesso obiettivo del biologo evoluzionista e sociologo Scotsman Patrick Geddes che argomentava dicendo che per la rivitalizzazione urbana dei tessuti dismessi dall’industria, serviva che la cittadinanza ne prendesse parte.

Pensando alle attuali dicerie sugli edifici intelligenti, per gestire l’ingannevole promessa di tecnologia, Anthony Townsend propone una nuova civiltà basata sui seguenti elementi:

Optare per l’intelligenza: molti dei nostri problemi potrebbero essere risolti con la politica, con pianificazioni migliori, costituite da piani o progetti più intelligenti.

Costruire una rete: la competizone è per il controllo delle infrastrutture della città, ma invece di istituire un rigido sistema urbano definito, sarebbe meglio costruire una rete di tecnologie aperte che accolgano il cambiamento.

Modello trasparente: il più grande potere dell’informazione nelle smart city è il codice che le controlla. Mostrare gli algoritmi di questi software ed esaminare le decisioni con strumenti di supporto per informare i cittadini e dare loro una nuova consapevolezza urbana.

Pensare locale e aprirsi al mondo: non solo soluzioni taglia e incolla, prese da altre città. Bisognerebbe costruire per le condizioni locali, condividendo i risultati e le “best practice” con altre città del mondo e replicarle per il mercato locale.

Crowdsource, ma con cura: spesso il crowdsourcing è confuso con la privatizzazione e lascia i cittadini vulnerabili. Non va usato per replicare la pubblica amministrazione, ma per supportarla e integrare il reperimento di risorse materiali e immateriali.

Dati: quelli che oggi sono chiamati “big data” noi spesso dimentichiamo che possono aiutarci per progettare qualcosa con le informazioni.

 Le città connesse possono cambiare la vita alle nostre monotone abitudini quotidiane, il difficile è lavorare sull’efficienza, usandola piu’ di quanto ne consumiamo.

Anthony Townsend, autore del libro Smart Cities: Big Data, Civic Hackers and the Quest for A New Utopia.

www.nicolapreti.com

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"Credo che prima di pensare alla tecnologia dobbiamo pensare alla consapevolezza di fare tecnologia, allenandoci alla creatività, al talento ed alla sensibilità che va educata ed alimentata continuamente con gli strumenti culturali adeguati.
Bisogna allenare i bambini all’educazione dell’uso della tecnologia, alla bellezza e alla forza che ha l’Italia creativa. 
Nell’attesa che l’Italia esca da questo “sonno”, alleniamoci imparando e copiando dagli stranieri, andando nelle loro città, con umiltà di apprendere per cambiare questa nostra presunzione”