Le città intelligenti hanno bisogno di un nuovo codice civico per avere successo

Estratto dall’articolo “Smart city need a new civic code to succeed” di Anthony Townsend da Wired UK 2013.

Negli ultimi anni i venditori delle multinazionali tecnologiche piu’ famose al mondo quali IBM, CISCO e SIMENS, avevano la missione di convincere i sindaci delle città del bisogno urgente di dotare di  tecnologie digitali le nostre città (lampioni wifi per esempio), per sopperire ai cambiamenti del 21 secolo.

Il lancio di queste soluzioni hanno incontrato parecchie difficoltà causate da budget ridotti di spesa e burocrazia ancora impreparata ad accogliere il cambiamento.

La pianificazione delle città per molti anni in passato è stata fatto da titaniche figure di progettisti che hanno lasciato i cittadini ai margini della risoluzione delle problematiche urbane.

Ma negli anni ’60, una nuova visione ha richiamato l’attenzione verso la questione dei quartieri da parte degli attivisti. Senza saperlo avevano lo stesso obiettivo del biologo evoluzionista e sociologo Scotsman Patrick Geddes che argomentava dicendo che per la rivitalizzazione urbana dei tessuti dismessi dall’industria, serviva che la cittadinanza ne prendesse parte.

Pensando alle attuali dicerie sugli edifici intelligenti, per gestire l’ingannevole promessa di tecnologia, Anthony Townsend propone una nuova civiltà basata sui seguenti elementi:

Optare per l’intelligenza: molti dei nostri problemi potrebbero essere risolti con la politica, con pianificazioni migliori, costituite da piani o progetti più intelligenti.

Costruire una rete: la competizone è per il controllo delle infrastrutture della città, ma invece di istituire un rigido sistema urbano definito, sarebbe meglio costruire una rete di tecnologie aperte che accolgano il cambiamento.

Modello trasparente: il più grande potere dell’informazione nelle smart city è il codice che le controlla. Mostrare gli algoritmi di questi software ed esaminare le decisioni con strumenti di supporto per informare i cittadini e dare loro una nuova consapevolezza urbana.

Pensare locale e aprirsi al mondo: non solo soluzioni taglia e incolla, prese da altre città. Bisognerebbe costruire per le condizioni locali, condividendo i risultati e le “best practice” con altre città del mondo e replicarle per il mercato locale.

Crowdsource, ma con cura: spesso il crowdsourcing è confuso con la privatizzazione e lascia i cittadini vulnerabili. Non va usato per replicare la pubblica amministrazione, ma per supportarla e integrare il reperimento di risorse materiali e immateriali.

Dati: quelli che oggi sono chiamati “big data” noi spesso dimentichiamo che possono aiutarci per progettare qualcosa con le informazioni.

 Le città connesse possono cambiare la vita alle nostre monotone abitudini quotidiane, il difficile è lavorare sull’efficienza, usandola piu’ di quanto ne consumiamo.

Anthony Townsend, autore del libro Smart Cities: Big Data, Civic Hackers and the Quest for A New Utopia.

www.nicolapreti.com

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