Affrontare felicemente le innovazioni
L’architetto come un personal trainer che coglie il cambiamento
L’architetto come un personal trainer che coglie il cambiamento
Da Rotterdam all’Italia passando per il Giappone
"L’evoluzione è connettiva, a tutto campo, coevolutiva. Non c’è luogo, né uno stile né un’identità così grande per abbracciarla tutta. L’innovazione non è solo tecnologica e scientifica, né tantomeno estetica: l’innovazione è antropologica, riguarda anzitutto il nostro set cognitivo e percettivo, le nostre relazioni, le forme di vita.” Franco Bolelli, 2013.
Il 24 maggio 2014 si inaugura a Rotterdam la sesta edizione della Biennale Internazionale di Architettura, http://iabr.nl/ nella Kunsthal progettata da Rem Koolhaas (http://www.designboom.com/architecture/oma-renovates-the-kunsthal-in-rotterdam-02-12-2014/?utm_campaign=daily&utm_medium=e-mail&utm_source=subscribers).
Il titolo della Biennale è “Urban by Nature”, curatore l’architetto olandese Dirk Sijmons.
Il tema è la possibilità di risolvere i problemi ambientali globali, a partire dal ripensamento della progettazione urbana. Se sapremo vedere la città come un ambiente urbano ecologico, analizzare la sua struttura, il suo metabolismo, e comprendere e utilizzare i processi dei suoi flussi, potremo rendere la città più resiliente e quindi agire per contribuire ad un futuro più sostenibile.
Ma quali sono i flussi che vanno ripensati all’interno della città? Pensiamo ai rifiuti, alla mobilità, alla produzione e ai servizi delle risorse naturali, all’acqua, alle infrastrutture per l’energia e ai Big Data. Nei progetti sostenibili questo sistema complesso è vincolato dalla riduzione del consumo delle risorse naturali e dallo sviluppo delle risorse umane.
Le convenzioni internazionali indicano degli obiettivi da raggiungere per utilizzare al meglio il territorio naturale (e prevenire ad esempio le catastrofi ambientali che ogni mese siamo costretti a conteggiare, alluvioni, ecc). L’impronta ecologica entro il 2030 dovrà scendere a 2,1 ha/persona dalla attuale media di 4,1 ha/persona; la biodiversità dovrà crescere entro il 2030 del 40% per quanto riguarda le aree protette, del 20% i servizi e del 60% i prodotti.
Per quanto riguarda il contenimento dell’uso delle materie prime, gli obiettivi nel 2030 sono la riduzione dell’uso del cemento del 20%, della ghisa del 20%, dell’alluminio del 20%, del legno del 15% e l’aumento della capacità di banda nelle telecomunicazioni a 40 Mb.
Questi obiettivi si potranno raggiungere in Italia se aumenteremo la nostra capacità di innovazione e la capacità di collegarci ai flussi più vivaci della cultura creativa cogliendo l’opportunità del cambiamento in atto.
Ho assistito il 4 maggio a Verona alla lectio magistralis dell’architetto giapponese Kengo Kuma (http://www.professionearchitetto.it/mostre/notizie/19366/Kengo-Kuma-Power-of-place) e ho potuto constatare che queste tematiche sono la base culturale dei suoi progetti più recenti.
Il suo metodo progettuale ha come base la ricerca di materiali con una bassa energia incorporata (http://it.wikipedia.org/wiki/Energia_grigia), attraverso l’uso di materiali locali reperiti nel raggio di 15 km dal cantiere (il cantiere stesso è un materiale di costruzione), la collaborazione con artigiani del luogo, la sostituzione del cemento con materiali “morbidi” naturali e rinnovabili (legno, carta, acqua, …) fino all’utilizzo di bit al posto della materia.
Kengo Kuma ha quindi una visione antropocenetica dell’architettura, in cui i cicli di vita dell’edificio sono brevi, attraverso elementi di facile smontaggio o ampliabili con flessibilità, e il cui obiettivo è l’integrazione effettiva con l’ambiente naturale.
Queste idee negano il concetto tipico di alcune architetture del XX secolo, secondo cui la finitura e la struttura portante sono elementi separati e immutabili, estranei all’ambiente circostante. Per infohttp://issuu.com/jiib/docs/kkuma.
Un altro importante riferimento per capire il nuovo approccio bio-tecnologico che sta percorrendo l’architettura è l’esposizione svoltasi a Rotterdam intitolata: ”Biodesign: Exhibition on the Cross-Pollination of Nature, Science and Creativity”, in cui vengono sperimentati veri e propri materiali da costruzione biotici ottenuti dalla manipolazione di alcune sostanze o elementi naturali (funghi, piante, ecc..) oppure dall’imitazione delle forme naturali (aggregazioni cellulari, ecc..) http://www.biology-design.com/
Quello che dobbiamo capire è che l’architetto di oggi deve avere la capacità di combinare scenari cioè deve generare intravvedendo palinsesti creativi che vanno dal grande edificio allo smartphone.
In questo panorama l’architetto diventa una sorta di personal trainer, la figura chiave per la gestione di un mondo infinito di risorse.
Deve avere la capacità di combinare scenari innovativi a partire dalle indicazioni sul rispetto delle risorse ambientali e intravedere palinsesti creativi che vanno dal grande edificio allo smartphone.
Questa innovazione professionale sarà necessaria per adattarsi al modello di produzione che si sta avviando a livello mondiale.
Assieme al gruppo VoD Think Tank stiamo programmando la partecipazione alla prossima Biennale di Rotterdam.
Per chi viene, ci vediamo a Rotterdam in giugno!
“No matter try again, fail again, fail better / Non importa provare di nuovo, fallire ancora, fallire meglio.”, Job Koelewijn
Per qualsiasi informazione e suggerimento potete scrivermi a:arch.nicolapreti@gmail.comwww.nicolapreti.it
Siti per architettura sostenibile:
Architettura resiliente
http://en.wikipedia.org/wiki/How_Buildings_Learn
Sperimentazione architettonica
Biennale di Rotterdam 2014
VoD think Tank
http://www.vodblogsite.org/weblog.html
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#smartcity
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Il crowdfunding che funziona può far costruire un ponte
Il crowdfunding che funziona può far costruire un ponte
In Olanda è stata lanciata una campagna di crowdfunding per la costruzione di un ponte pedonale, chiedendo ai cittadini di contribuire per l’acquisto di tavole di legno per la sua costruzione.
In un periodo di difficoltà economica per le istituzioni i lavori pubblici gravano pesantemente sui bilanci locali e le amministrazioni spesso non sono in grado di trovare i fondi da investire in infrastrutture a basso impatto. A Rotterdam però hanno avuto l’idea di chiedere ai cittadini un piccolo sforzo per finanziare un’opera pubblica.
La città di Rotterdam in questo periodo, fino ad agosto ospita la quinta International Architecture Biennale Rotterdam (IABR) fino ad agosto, e la sua esposizione principale è intitolata “Making City“, con un focus sulla nuovi modi intelligenti per rendere le città più vivibili. Lanciato recentemente dalla IABR e dallo studio di architetti ZUS, il progetto “I Make Rotterdam” si concentra sulla zona che si estende da Rotterdam Central District a Pompenburg e Hofbogen. L’area intorno alla Hofplein era il centro vivo della città, ma ora è dominata da grandi facciate dei grattacieli e dal traffico spiega il progetto. La sfida è quella di utilizzare mezzi non convenzionali per animare l’area rapidamente con la creazione di collegamenti pedonali e rafforzare i programmi esistenti.
Di conseguenza, un ponte pedonale in legno soprannominato il Luchtsingel si estenderà per 350 metri e necessita 17.000 tavole di legno per la sua costruzione. I cittadini sono invitati a aiutare a finanziare lo sforzo con donazioni di qualsiasi importo tra 25€ per una tavola e 1.250 euro per una sezione dell’intero ponte – a prescindere dalle dimensioni del loro acquisto, possono inscrivere le tavole finanziate con il proprio nome o qualsiasi altro testo a loro scelta. La cosa più interessante è che la lunghezza del ponte dipenderà dal numero di assi acquistate. Con oltre 1.000 partecipanti fino ad oggi, finora è stato costruito circa il 17% del ponte.
https://www.youtube.com/user/luchtsingel
https://www.facebook.com/LuchtsingelRotterdam
Abbiamo visto un sacco di iniziativa di crowdfunded nel corso degli anni, ma l’unicità di I Make Rotterdam è quella di essere un’iniziativa civica per chiedere ai cittadini di investire i loro soldi nel quartiere in cui vivono.
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Una progettazione locale in sincronia con il modello di sviluppo dell'Unione Europea
Il modello di progettazione proposto dall'UE è metabolico ed esso si articola in:
-studio degli ecosistemi di cui si valuta: il clima, la morfologia, la qualità del suolo, la biodiversità (flora, fauna, paesaggio), l'acqua e di tutti questi fattori si valuta la produzione di beni e servizi
-studio del capitale fisico (edifici, infrastrutture, risorse finanziarie...)
La connettività è la variabile di progettazione che più si è evoluta negli ultimi anni grazie alla:
-capacità di trasmissione compresa tra 20 e 100 Mb in Italia (all'estero tra 100 e 200 Mb)
-capacità di connettività illimitata riguardo alle persone e oggetti.
Infatti oltre alla connessione people to people (P2P) parliamo di connessione fra macchine ed oggetti (M2M) e infine people to machine fra persone e macchine (P2M).
Questo scenario dilata il sistema relazionale della città.
Apre la via a nuove prospettive progettuali con il M2M, avviando un processo di sostituzione dei tradizionali servizi, pubblici e privati, con procedure immateriali (tramite app).
Genera una nuova infrastruttura "soft" destinata a produrre data base, soprattutto grazie all'iniziativa pubblica. E' questa la nuova industria di base che è destinata ad avere lo stesso ruolo che ha avuto ad esempio la siderurgia nell'epoca industriale.
Abbiamo mappato i punti Wi Fi gratuititi della città di Bassano del Grappa costruendo una mappa interattiva.
La connettività è l'infrastruttura che permette di dilatare i confini di Bassano verso il globale, tesa ad accogliere nuovi flussi culturali capaci di rinnovare il sistema produttivo ed allargare i confini in base all'intensità dei nuovi flussi di relazione.
Tratto da Bassano Urban Design: una progettazione locale sincrona con il modello di sviluppo dell'Unione Europea, prof. Giuseppe Longhi presentato in occasione della conferenza "Illuminiamo il futuro", Bassano del Grappa, 29 aprile 2014.
http://www.vodblogsite.org/
http://www.vodblogsite.org/weblog.html
www.nicolapreti.com
RASSEGNA STAMPA su MOBILITÀ SOSTENIBILE.
Pasetto, Forte, Davoli: «Via a commissione»
Finanziare piste ciclabili con l’aiuto dei cittadini
Raccogliere soldi, anche coinvolgendo direttamente i cittadini, per migliorare le condizioni delle piste ciclabili e a costruirne di nuove. A questo, fra l’altro, dovrebbe provvedere una commissione del Consiglio comunale che lavori sulla mobilità ciclabile, proposta dal consigliere comunale della Lista Tosi Giorgio Pasetto, con il sostegno di altri due colleghi tosiani, Katia. Forte e Arisel Davoli. Parte integrante del progetto, spiega Pasetto, sarà coinvolgere la cittadinanza attraverso una campagna di cofinanziamento dal basso. «Servirà a raccogliere i fondi necessari a realizzare opere decise sulla base delle scelte dei cittadini che vorranno, in modo del tutto volontario, donare una quota a piacere per questa iniziativa». «Ampliare e migliorare le piste ciclabili porterebbe tantissimi vantaggi per la viabilità e la vivibilità della città e per la salute», commenta ancora l’esponente della maggioranza in Comune. «Tante volte si resta alle parole, perché passare ai fatti richiede ingenti risorse economiche, ma spero che la nostra idea, il finanziamento “dal basso”, abbia un riscontro, forte dell’utilità che il progetto avrebbe per la comunità di riferimento, i ciclisti, che a Verona sono molti». In questa prospettiva, precisa il consigliere, «è doveroso chiarire che non potranno essere i cittadini a sostenere tutte le spese per le opere e che non potremo fare a meno dell’aiuto di esperti e imprese di settore. Io e gli altri consiglieri Forte e Davoli abbiamo già individuato Nicola Preti, architetto veronese specializzato sul tema delle “smart cities”, ma la volontà è quella di attivare una rete professionale ad alto valore aggiunto».
L’Arena del 20 aprile 2014
Per altri progetti simili:
http://www.mothernewyork.com/work/bike-like-a-new-yorker/
#crowdfunding
#finanziamento dal basso
#smartcity
#Verona
#piste ciclabili
L’intelligenza della città
è appesa alle relazioni
By Nunzia Borrelli
Sempre più di frequente, politici, tecnici e amministratori oltre a sviluppare politiche e a implementare pratiche, si interrogano e partecipano a discussioni sulla “forma” della città contemporanea, sulla sua evoluzione, su quali debbano essere gli sviluppi ad essa più consoni, su come la “città” possa positivamente rispondere ai bisogni della gente.
La questione non è nuova, al contrario è stata,nel corso del tempo,formalizzata in vario modo. Italo Calvino, ad esempio, già nel 1972 scriveva: “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.Oggigiorno l’attenzione continua a essere centrata sulla capacità della “città” di intercettare e soddisfare la domanda degli individui, ma i termini della discussione sono mutati con un riposizionamento dell’asse della riflessione su questioni che ineriscono al coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali e nella governance urbana o sul ruolo delle nuove tecnologie nella diffusione di innovazioni.Il confronto su questi temi ha portato all’introduzione di nuovi termini come “città intelligente” e“città digitale”,orientati a esprimere l’importanza delle nuove tecnologie come volano per lo sviluppo economico e l’innovazione sociale, oppure smart city che, pur riconoscendo alle nuove tecnologie un ruolo fondamentale, si distingue dalle precedenti in quanto attribuisce una maggiore importanza alla dimensione umana e a tal fine introduce termini come smart community e smart people.
A dare un contributo alle questioni poc’anzi menzionate sono, tra altri e in maniera molto diversa tra loro, due studiosi stranieri che saranno ospiti di Laboratorio Expo della Fondazione Feltrinelli ed Expo Milano 2015: Robert Hollands dell’University of Newcastle uponTyne e Jana Carp del Saint Mary’s College of California [1].
Robert Hollands è noto per aver definito il concetto di smart cities e aver spiegato quando una città si può definire smart. In altre parole, una città non può considerarsi smart se non è in grado di stimolare la valorizzazione del capitale umano, ossia se non è in grado di mettere le persone che la abitano, la vivono, in condizioni di sviluppare al meglio le proprie capacità. In questo contesto, un ruolo centrale è attribuito alla costruzione di reti: reti che riguardano le relazioni tra individui, ma anche relazioni tra individui e oggetti, soprattutto le nuove tecnologie. Le nuove tecnologie, infatti,rendono una città smart quando da patrimonio di pochi riescono a diventare capitale condiviso e sono al servizio delle diverse popolazioni urbane. La capacità di fare rete e di creare delle forme di fiducia,sia tra gli individui sia con le nuove tecnologie, si rivela essere la chiave di volta della smart city, in quanto è la presenza stessa di queste relazioni a essere fucina di nuove progettualità.
La crescente importanza attribuita alle relazioni e alla capacità di azione degli individui avvicina i sostenitori del modello smart ai fautori di quello slow. Una città slow tenta di implementare a livello locale e territoriale i valori di slow food e di far dialogare in maniera proficua la dimensione sociale, più legata all’azione degli uomini, con quella ecologica. Jana Carp, nel mettere a fuoco le caratteristiche principali di una slow city, attribuisce un’importanza rilevante alla dimensione delle resilienza. Nello specifico, la resilienza, che indica la capacità di sopportare e reagire a shock esterni senza riportare gravi danni, è attivata e implementata a scala urbana attraverso l’incentivazione di meccanismi collaborativi tra diversi attori del territorio, inclusa la società civile. Nello specifico,la Carp parla di adaptive governance per indicare pratiche di governo della città che si basano sulla costruzione di reti sociali. Aspetto centrale di questo processo è la produzione e la messa in circolazione di conoscenza,nonché lo sviluppo di forme di apprendimento che contribuiscono a far maturare negli attori coinvolti una certa capacità di reazione agli eventi, classificabile come attitudine alla resilienza.
Integrare queste due prospettive è uno degli scenari più promettenti della ricerca in questo settore, infatti la convergenza dei focus di studio e anche degli obiettivi e delle risposte a molti problemi indicano che le posizioni smart e slow ben lungi dall’essere antagoniste presentano numerose sovrapposizioni. Ragionare su tali sovrapposizioni e progettare azioni che ne tengano conto rappresenta una sfida e un’opportunità non solo per gli analisti ed i progettisti, ma soprattutto per la città nella sua complessità, che nel recuperare “tracce” di capitale umano, si rivela in grado di “tracciare” i contorni del proprio futuro.
#smartcity
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DAI LUOGHI AGLI SPAZI: la geografia è morta
Questa dichiarazione è diventata un luogo comune tra i sostenitori del digitale e delle telecomunicazioni. E’ parere diffuso che con l’avvento delle comunicazioni universali ed economiche si stia inaugurando un’era dove la distanza, il luogo, i beni immobili e la geografia diventano irrilevanti. Ciò è vero solo in parte.
Il luogo conta ancora molto e sarà così per molto tempo ancora. In ogni caso, la nuova economia opera in uno “spazio” piuttosto che in un luogo e, col tempo un numero sempre maggiore di transazioni economiche si sposterà in questo nuovo spazio.
La geografia e i beni reali rimarranno comunque reali. Le città cresceranno e il valore di un luogo caratteristico-come per esempio di un’area naturale, o un affascinante villaggio di collina - non farà altro che aumentare.
In conclusione si proclama la morte della distanza e l’arrivo della globalizzazione.
Per approfondire leggete il libro “Nuove regole per un nuovo mondo” di Kevin Kelly.
#kevinkelly @veronasmartcity