Rielaborazione dell’articolo di Giuseppe Riva, Phygital Quando spazio reale e spazio virtuale si incontrano, Psicologia Contemporanea Marzo-Aprile 2018
I luoghi sono dei generatori di esperienze, in grado di creare emozioni e ricordi, ma anche di definire la nostra identità sociale. Ad esempio, se sono uno studente della Quinta C è perché ogni mattina mi reco nell’aula in fondo al corridoio del secondo piano.
La psicologia distingue il concetto di spazio, inteso come volume o superficie disponibile, da quello di luogo, un ambito spaziale idealmente e materialmente delimitato.
Tale distinzione non è casuale, ma nasce da una specifica abilità del nostro cervello: la capacità di identificare intuitivamente i confini presenti intorno a noi.
Cosa succede quando in un luogo vengono inserite delle esperienze digitali?
La prima conseguenza è la possibilità di utilizzare la tecnologia per superare i confini del luogo. Se sono chiuso in una stanza con uno smartphone a disposizione, la tecnologia mi offre l’opportunità di scrivere a un amico, ascoltare una canzone, ecc…
Spazi digitali e centri commerciali
La seconda conseguenza della fusione tra spazio fisico e digitale è la possibilità di utilizzare la tecnologia per rendere l’esperienza del luogo e il suo ricordo più memorabile. Il successo di Amazon ci dimostra che, per molte persone, andare a fare acquisti in un negozio è un’esperienza cui sono ben felici di rinunciare.
I dati americani in proposito sono assai eloquenti. In pochi anni si è assistito alla chiusura di migliaia di centri commerciali, anche perché le visite sono calate del 50%, con una perdita di circa 100 000 posti di lavoro.
Con il digitale diventa possibile trasformare l’acquisto in un’esperienza memorabile: facilitando la ricerca dei prodotti e adattandoli alle specifiche esigenze dell’utente, in modo da presentargli offerte su misura.
Ripensare i luoghi di lavoro
La terza conseguenza della fusione dello spazio fisico e digitale è la possibilità di ripensare l’esperienza del luogo di lavoro.
Una delle espressioni più di moda per i responsabili del personale di tante grandi aziende è “smart work” (lavoro agile).
Cos’è lo smart working?
È la possibilità, grazie a una recente legge (81/2017), di utilizzare strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa superando i classici vincoli di orario e di luogo di lavoro.
In questo modo l’azienda può risparmiare sui costi di affitto e di gestione degli spazi fisici, mentre per il lavoratore c’è la possibilità di adattare meglio le proprie attività alle esigenze della vita quotidiana.
Anche se all’apparenza tutti ci guadagnano, in realtà la situazione è più complessa.
Tempo e luogo sul posto di lavoro
Come abbiamo visto, tutti i luoghi sono generatori di esperienze. Uno degli strumenti più comuni, in questo ambito, è la riunione, che serve a generare un’esperienza condivisa che possa creare un legame tra persone con attività e obiettivi molto diversi.
Se, però, il luogo fisico viene a mancare (in molti casi lo smart work porta anche alla sostituzione del classico ufficio con un openspace senza postazione fissa), come posso generare esperienze che aiutino a dare un senso a quello che sto facendo?
Se ci pensiamo, banalmente, in ufficio perfino il passare del tempo è scandito da eventi legati a luoghi: vado al bar a prendere un caffè, vado in mensa a pranzo, ecc.
Senza i luoghi è facile perdere le motivazioni e la percezione del tempo. Uno dei problemi dei luoghi è che è difficile cambiarne i significati e i ricordi associati: se ho sempre associato il salotto di casa ai compiti di mia figlia, lavorarci rischia di rievocare memorie e problemi legati a quella dimensione.
Sai qual è la soluzione?
La soluzione più semplice è quella di affiancare i luoghi fisici a quelli digitali.
Chi ha deciso di interrompere lo smart working sono proprio le principali aziende del digitale. Non è un caso che IBM abbia deciso di interrompere l’uso dello smart working e di seguire la strada di Google, Apple e Facebook, propense invece a trasformare il posto di lavoro in un luogo in grado di fornire un’esperienza totalizzante: fare sport, condividere interessi, persino tagliarsi i capelli e dormire.
Oggi progettare uno spazio lavorativo deve tener conto di esigenze eterogenee, che non hanno a che fare solo con l’attività in sé e per sé, ma che cooperino a quello che è tutto il contesto esperienziale dei lavoratori.
Per ottenere il massimo da un luogo di lavoro, le aziende devono poter disporre di spazi flessibili, in grado di coniugare necessità diverse, non focalizzati solo sull’aspetto produttivo, ma anche su fattori legati al comfort, alle relazioni, alla salute di chi vive quegli spazi.
GUARDA QUI il progetto di ampliamento di un edificio industriale dedicato alla lavorazione del marmo che ho seguito per un'azienda di Verona, nel quale ho integrato la funzione produttiva con quella dell'esperienza del lavoratore e del visitatore.